Native advertising cos’è

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Native advertising cos’è

In un panorama pubblicitario ormai vasto e pieno di innovative strategie di comunicazione, il native advertising inizia a farsi spazio come una delle attività promozionali più efficaci a livello di brand.

Una strategia silenziosa, efficace ma non aggressiva.

Ammettiamolo, nell’epoca del total branding il posizionamento strategico di banner pubblicitari su pagine web, come enormi cartelloni pubblicitari digitali che si aprono da soli e ci impediscono di leggere subito gli articoli che abbiamo cliccato, può risultare fastidioso.

Quando poi il link che abbiamo scelto di aprire è una pagina invasa da pop-up che ci invitano all’iscrizione, senza neanche darci il tempo di capire a cosa, l’irritazione è forte la tentazione di chiudere tutto e gettare il cellulare ancor di più.

Al contrario l’esatto opposto degli inutili pop-up sono le landing page. Se vuoi scoprire perché sono così efficaci LEGGI QUI.

Cos’è il native advertising

Posto il problema della pubblicità ‘indesiderata’ sul web, vediamo come porvi rimedio attraverso contenuti interessanti e coinvolgenti, che non interrompano l’esperienza dell’utente che naviga su un sito.

Un’ottima soluzione per il web marketing è il native advertising: cos’è?

native advertising online

Questa forma di pubblicità silente detta anche pubblicità nativa è l’insieme di tutte quelle attività che fanno promozione senza essere pubblicità.
Rientra nel campo del content marketing, che veicola un contenuto promozionale non prettamente informativo come può essere invece un blog aziendale, ma curato e interessante.

Il native advertising ha una caratteristica che lo rende unico:

è una forma di pubblicità il cui contenuto assume l’aspetto del sito su cui viene pubblicato, integrandosi con esso per tipologia di testo e qualità grafica.

Dunque, la pubblicità nativa segue la linea editoriale di un sito. È una forma di adv estremamente dinamica e agile, perché si mimetizza di fatto con il medium che usa (carta stampata, pagina web, social media) senza interrompere la fruizione del contenuto da parte dell’utente, come invece avviene con i banner pubblicitari o anche con le interruzioni pubblicitarie in tv o in radio.

Oggi si parla di banner blindness per indicare la sempre più scarsa attenzione che gli utenti online rivolgono ai formati pubblicitari classici, ignorati in quanto percepiti come un’interruzione di lettura.

Altre strategie per raggiungere potenziali clienti interessati sono le liste call center. Una strategia di performance marketing per raggiungere un pubblico in target senza stressare utenti non interessati.

Native advertising esempi

Il classico caso di native advertising è un “articolo sponsorizzato”, postato online e poi sui vari social, dove viene indicato in maniera chiara il nome dell’inserzionista che ha prodotto il testo, e dunque ne sponsorizza il contenuto. Si può dire che il native advertising nasca proprio con gli articoli sponsorizzati su carta stampata, negli Stati Uniti all’inizio del Novecento.

Ma native advertising è anche un contenuto capace di integrare ambiti diversi attraverso una soluzione creativa: un esempio?

Spotify e Stranger Things (leggi Netflix).

Il primo episodio della serie è stato visto da quasi 16 milioni di americani. Spotify è stata in grado di capitalizzare il successo di un suo competitor indiretto nel campo dell’entertainment con un’idea semplice e geniale, per una campagna di native advertising: abbinare i personaggi di Stranger Things ai gusti degli ascoltatori di Spotify creando playlist ad hoc, ciascuna pensata per una tipologia di utente, gratificato dalla relazione empatica instaurata con il prodotto (musicale e audiovisivo).

Tipi di native advertising online

Assunto che è un tipo di pubblicità che deve essere contestuale per funzionare, ecco i tipi esistenti:

  • In-feed: promoted tweets su Twitter e promoted post su Facebook e Instagram, dove anche le storie sponsorizzate dai brand scorrono accanto a quelle dei nostri contatti senza soluzione di continuità.
  • Paid-search: sono gli annunci che escono per primi nei risultati dei motori di ricerca. Questo avviene perché l’inserzionista ha comprato lo spazio pubblicitario per uscire tra i primi risultati di Google, Firefox, ecc.
  • Promoted listing: sono i prodotti suggeriti. Quando facciamo un acquisto su un sito di e-commerce, immediatamente dopo ci appariranno una serie di “suggerimenti per l’acquisto”. I primi della lista sono sponsorizzati, indicati da un riquadro graficamente riconoscibile.
  • Contenuti personalizzati: articoli confezionati appositamente per essere pubblicati da un editore che vende uno spazio del suo giornale, cartaceo o online. Sono scritti “come se” fossero articoli di quel giornale, dunque tenendo bene a mente qual è il target dei suoi lettori.
  • In-ad: sono annunci pubblicitari molto simili ai tradizionali banner, ma a differenza di questi molto meno invasivi e più facilmente cliccabili.

A cosa serve la pubblicità nativa

Ad aumentare le interazioni con i post, e quindi il tasso di conversione, cioè la percentuale di click sul contenuto sponsorizzato.

Il concetto è riprodurre l’esperienza dell’utente che naviga sulla pagina web o sul feed dei social media con un contenuto promosso da un brand, che si colloca sulla stessa linea editoriale degli altri contenuti ospitati da quel sito web.

L’utilità del native advertising dunque risiede nella promozione testuale di un contenuto dando la possibilità di aumentare il traffico sul proprio sito, ottenere visibilità e qualità maggiore degli utenti che atterrano sul pagina.

I vantaggi della pubblicità native

Uno studio della Harvard Business Review ha dimostrato che il native advertising è:

  • in grado di creare engagement: gli utenti online prestano attenzione ai native ads in una misura maggiore del 53% rispetto ai display ads
  • capace di alzare del 18% l’intento di acquisto.
  • Riesce ad arrivare al target di pubblico in linea con gli obiettivi aziendali senza risultare aggressivi. Il native adv è sempre indicato in modo chiaro come ‘paid content’, l’utente ne è ben consapevole e proprio per questo più il contenuto sarà ben fatto, più sarà coinvolto.

Inoltre, un contenuto sponsorizzato ben piazzato contribuisce ad aumentare la corporate reputation.

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