Indice ROI nel Digital Marketing: ecco perché misurarlo

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Indice ROI nel Digital Marketing: ecco perché misurarlo

L’indice ROI, abbreviazione di Return on Investement, è uno dei dati più utili da misurare per capire se i propri investimenti digitali stanno andando verso la giusta direzione.

L’industria delle public relations ha un grosso problema di public relations.

Un dato significativo: le aziende che fanno sul serio spendono in genere non meno di 5.000 euro al mese in programmi di pubbliche relazioni con i media, online e offline, come investimento di marketing al fine di aumentare il ROI (Return of Investment).

Le persone – sia quelle che lavorano in agenzia che quelle che lavorano per il brand – parlano del ROI in termini di impressions sui media, numero di posizionamenti e messaggi pull-through. Sebbene siano quantificabili, queste metriche non significano assolutamente nulla se non soddisfano gli obiettivi dell’azienda. 

3 metriche di misurazione dell’indice ROI che non funzionano

Analizziamo innanzitutto perché ciascuna di queste metriche per calcolare il ROI non è efficace:

1)Numero di impressions.

Supponiamo che un sito web abbia una media di 2 milioni di visitatori al mese.

Un’enormità.

Ora, ciò non significa che 2 milioni di visitatori visualizzeranno il tuo articolo. Anche se fosse così, quanti di questi visitatori sono l’acquirente ideale che stai cercando di raggiungere? E, come vedremo tra breve, i professionisti delle pubbliche relazioni (specialmente quelli delle agenzie pubblicitarie) spesso non hanno accesso alle informazioni necessarie per fornire rapporti esaurienti sul ROI. 

2) Numero di posizionamenti su web.

I reports analitici che si focalizzano sul numero di articoli che la società X confronta con la società Y è fuorviante e non fornisce alcuna comprensione dell’impatto sul business.

Chiediti sempre: il copy che motiva il potenziale lead lo induce a passare attraverso il funnel (che possiamo definire come un grande imbuto di vendita)? Per approfondire leggi di più sul copy perfetto.

Guardare solo ai posizionamenti sui media è un modo molto superficiale per misurare il successo si una campagna di marketing e, consequenzialmente, dei ricavi sull’investimento. 

3) Messaggi Pull-Through. 

Puoi avere un articolo che esalta la tua azienda / prodotto, ma se il pubblico giusto (i tuoi potenziali clienti) non lo vede, è come se non fosse mai esistito. 

Le agenzie vogliono disperatamente essere in grado di monetizzare il tempo e gli sforzi spesi per la definizione di strategie di marketing e comunicazione, eppure spesso lasciano a desiderare. 

L’industria delle PR ha storicamente una carenza di “spinning stories”, cioè storie in grado di spingere verso la conversione del lead. La buona notizia è che le strategie PR hanno un valore reale e tangibile.

3 metriche di misurazione del ROI che funzionano.

Quindi quali metriche dovresti misurare? Eccone alcune che ti permettono di mostrare risultati reali al tuo cliente. 

1) Utilizza Google Analytics per monitorare il traffico dei referral 

Le agenzie pubblicitarie sono generalmente tenute a debita distanza dagli account delle aziende loro clienti e dal loro lavoro di web analytics. Fanno affidamento sul cliente, cioè tu azienda (o chi per te controlla le informazioni su come i lead passano attraverso il funnel attivato dalla lead generation strategy) per capire in che modo il fattore di PR sta influenzando il ROI aziendale.

Ecco perché ti serve un’azienda mediatrice in grado di attivare una strategia di marketing&communication e di svolgere un lavoro di web analytics soddisfacente. Le due cose non andrebbero mai disgiunte, o splittate tra l’azienda cliente e l’azienda partner.

  • Entrando nella dashboard di Google Analytics, è possibile misurare la percentuale dei lead di vendite qualificati mese per mese e la loro origine di traffico (posizionamenti su media  on/offline, web, social media e blog).
  • Potresti anche fare un drill-down in Google Analytics per misurare la percentuale di conversioni degli articoli sponsorizzati su siti di terze parti, o meglio quanti di essi generano lead qualificati (SQL) per le vendite in un mese.

Supponiamo che su 100 prospects al mese che visitano il tuo sito, 10 attuano una conversione e diventano clienti; ecco, questi 10 lead qualificati portano in media 100 euro di entrate ciascuno, ciò equivale a 1000 euro di potenziali opportunità di vendita in un solo mese. Non male, vero?

Ancora più interessante è il dato che la maggior parte degli articoli in grado di generare un’impression prima e una conversione probabilmente sono datati, a dimostrazione del fatto che il nostro impegno nei confronti delle strategie di PR per il marketing ci sta aiutando ad ottimizzare gli sforzi lead generation. 

Assicurati di avere accesso all’account analitico del cliente o creane uno per loro.

Quindi, imposta gli obiettivi di conversione in modo da poter monitorare in modo specifico il numero di visitatori provenienti da un blog o da un articolo, che successivamente ha risposto ad una CTA come la compilazione di un modulo di vendita per i contatti. 

2) Un altro errore in fatto di comunicazione e marketing è pensare che l’articolo di un blog o su un magazine sia l’obiettivo finale. 

È solo l’inizio. Ricorda che gli articoli pubblicati sui siti mesi fa continuano a generare traffico di referral sul sito Web della tua azienda, anche a distanza di tempo. Le strade di ricerca sulla sidebar di Google sono infinite!

Bisogna sempre essere in tandem tra la adv campaign e le esigenze di marketing per mantenere alto lo slancio intorno a un articolo ed essere sicuri di rientrare del proprio ROI.

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